Il leader come esperto conoscitore delle proprietà di ogni singola erba
di Irene Morrione
Durante l’ultimo retreat di Into the Change sono stata colpita, in particolare, da un’esperienza che mi ha insegnato come valorizzare le unicità e includere le diversità sia un tema strettamente correlato alla capacità del leader di essere presente nel qui ed ora.
Di fianco alla veranda dove tenevamo le sessioni, c’era un praticello dove tutti passavamo e qualcuno si fermava anche a fumare.
Solo quando la signora Regina, proprietaria della agriturismo che ci ospitava ed esperta di erbe, ci ha portato con lei su quel prato abbiamo scoperto che quelli non erano solo fili d’erba: c’era la pratolina con le sue proprietà purificanti e antiinfiammatorie, la calendula che favorisce la guarigione da ferite, la malva che può dare sollievo in caso di tossi o bronchiti e tanto altro ancora.
Da lì un pensiero: Nelle organizzazioni quanto siamo in grado, come leader, di riconoscere le unicità delle nostre persone?
RISCOPRIRE LE UNICITÀ
In tema di diversità, si parla spesso di macro-categorie: gli uomini, le donne, i giovani, gli anziani, gli italiani, gli stranieri…Queste etichette però rischiano a volte di sviare l’attenzione da ciò che potrebbe fare davvero la differenza, ovvero, il riconoscere le singole unicità di ognuno, al di là di qualsiasi categoria.
Anche in un team infatti, si trovano “erbe” diverse e con proprietà diverse: chi ha maggiore propensione alla creatività, chi è più analitico, chi è più ottimista e quindi vedrà sempre i lati positivi di una nuova impresa, chi è più pessimista e sarà in grado di coglierne più velocemente i rischi, il giocatore di squadra, il battitore libero….
Tutte queste erbe diverse esprimeranno al massimo il loro potenziale, se conosciute nelle loro proprietà e combinate tra loro nel modo migliore.
ALLENARE LO SGUARDO
Ciò che un leader può fare è osservare il suo team non come fosse solo un prato fatto di tanti fili d’erba tutti uguali tra loro, ma osservarlo invece con gli occhi del conoscitore delle erbe, che è in grado di riconoscere ciascuna pianta nelle sue proprietà uniche e irripetibili, ed è in grado di valorizzarla proprio per queste peculiarità.
Credo che questa sia anche la chiave per fronteggiare anche il quanto mai attuale problema della fuga dei talenti. Spesso infatti si propongono ricette univoche per trattenere le persone in azienda, ad esempio: aumentare i giorni di smart working, aumentare gli stipendi, velocizzare progressioni di carriera o, nei migliori casi, fornire formazione e attività sviluppo a tappeto.
Sarebbe invece molto più efficace allenare lo sguardo del leader prima di tutto a vedere i talenti nelle proprie persone e le loro diversità, invece di pensare di poter trattare tutti allo stesso modo.
Ciò permetterebbe ad ogni membro del team di sentirsi valorizzato e riconosciuto nelle proprie unicità e nel proprio essere, ed è questo il legame più forte che può trattenere una persona all’interno di un’organizzazione.
Per fare questo passaggio il leader deve prima di tutto fermarsi e concedersi il tempo di osservare il suo team con occhi diversi, così come noi abbiamo fatto con quel prato, finché si cammina sommersi dall’operatività e pressati dalla performance questa attenzione è impossibile, la prima competenza da mettere in gioco quando si tratta di valorizzazione dei talenti è al contrario la presenza: quell’attenzione focalizzata nel qui ed ora è l’unica possibilità di vedere e riconoscere quelle preziose erbe spontanee che nascono nel nostro prato.