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Manager ossessionati dalla misurazione

QUANTO CE L'HAI LUNGO? Manager ossessionati dalla misurazione

Quando proponiamo interventi di sviluppo, ci troviamo spesso di fronte a richieste come:

  • “Facciamo un assessment , cos’ sapremo chi è migliorato e quanto”
  • “Ci date un report con punteggi dettagliati?”
  • “Possiamo avere un grafico prima/dopo che dimostri il ROI?”

La vera trasformazione, quella che cambia mindset, emozioni e modi di pensare, non è facilmente quantificabile. Come possiamo misurare, per esempio, un cambio nel modo di sentire il lavoro, il rafforzamento del pirpose, un miglioramento nella capacità di ascoltare empaticamente o una rinnovata fiducia nei colleghi?

Soprattutto nella cultura anglosassone si pensa che “se non lo puoi misurare non esiste” , in un mondo dove il cambiamento è incrementale e continuo, dove la vera sfida è la capacità di abitare la complessità è davvero ancora sensato pensarla così?

I cambiamenti significativi sono complessi e difficilmente misurabili

Come sosteneva Kurt Lewin, padre della psicologia sociale, il cambiamento non è mai un processo lineare e semplice. Secondo lui, ogni trasformazione passa attraverso tre fasi: scongelamento, cambiamento e ricongelamento. Tuttavia, queste fasi coinvolgono elementi profondi come emozioni, convinzioni e relazioni, che sono difficili da tradurre in numeri o report.

Anche Daniel Kahneman, premio Nobel per l’economia comportamentale, ci ricorda che gran parte delle decisioni e dei cambiamenti umani sono guidati da processi emotivi e intuitivi (quelli che chiama il Sistema 1), piuttosto che da una razionalità fredda e misurabile (Sistema 2). Ecco perché non possiamo ridurre l’impatto di un intervento trasformativo a un semplice punteggio numerico.

Edgar Schein, esperto di culture organizzative, sottolinea che il cambiamento più significativo avviene quando si riescono a trasformare i valori impliciti e le assunzioni inconsce che formano la cultura di un’organizzazione. E questo tipo di cambiamento, che si sviluppa sotto la superficie, è praticamente impossibile da rappresentare con un grafico. Infine, Peter Senge, con il suo pensiero sistemico, ci avverte che il cambiamento in un’organizzazione non riguarda mai solo una persona o un comportamento isolato. È un processo complesso, interconnesso, che si sviluppa a livello sistemico e che resiste ai tentativi di essere ridotto a un insieme di metriche.

In sintesi, tutti questi teorici concordano su un punto: i cambiamenti più profondi, quelli che davvero trasformano individui e organizzazioni, sono tanto essenziali quanto difficili da misurare

Accettare ciò che non si può misurare

Dal punto di vista degli interventi di sviluppo, se continuiamo a concentrarci esclusivamente su ciò che è misurabile, finiremo per progettare interventi “comportamentali” che si occupano solo di cambiare aspetti superficiali (e quindi facilmente misurabili):“Cambia questo comportamento, fai quest’altro task meglio.”

Ma se vogliamo davvero generare delle trasformazioni, dobbiamo accettare che i cambiamenti più profondi, quelli che trasformano una persona o un’organizzazione, sono complessi e dunque non si possono sempre misurare.

Che ne pensate? Possiamo iniziare a progettare interventi che vanno oltre i numeri e puntano al cuore del cambiamento? Raccontatemi la vostra esperienza nei commenti!

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