In molti team ci capita di osservare come le persone siano abituate a tacere in situazioni in cui il proprio pensiero possa mettere in discussione il pensiero dominante o la parola del leader.
Questo tipo di cultura del silenzio per noi coach è molto evidente anche osservando quelle che noi chiamiamo conversazioni non verbali parallele. Tipicamente la situazione che ci si pone davanti è la seguente: il leader espone il proprio pensiero e, mentre a parole tutti si mostrano d’accordo, dal punto di vista del non verbale osserviamo delle espressioni di disappunto che i partecipanti si indirizzano tra di loro in una sorta di conversazione parallela.
Generalmente queste conversazioni si traducono anche in veri e propri sfoghi che, alla fine della riunione, assumono i contorni di pettegolezzo davanti alla macchinetta del caffè.
Questo tipo di comportamenti è estremamente dannoso sotto vari punti di vista: dubbi e perplessità, magari fondati, rimangono inascoltati; il pensiero divergente, quello che potrebbe portare la maggiore innovazione all’interno del gruppo di lavoro rimane inespresso; gli sfoghi a latere alimentano modalità comunicative non aperte, ma caratterizzate dal pettegolezzo.
Il risultato complessivo è dunque dannoso sia per i singoli membri, sia per il team, sia per l’intera organizzazione.
Questa modalità di “stare al gioco” piuttosto che esporsi esternando eventuali dubbi o disaccordo è tipica delle culture dotate di scarsa sicurezza psicologica, nelle quali la preoccupazione per la propria reputazione e il desiderio di piacere agli altri, in particolare al proprio capo, hanno la meglio sulla volontà di dare un contributo concreto al progetto.
È stato dimostrato come questo tipo di cultura abbia contribuito a grandi disastri ed errori come ad esempio la tragedia di Fukushima, dove una commissione di inchiesta ha dimostrato che proprio questa forma mentale di riflessiva obbedienza, per altro radicata nella cultura giapponese, sia stata una delle cause principali di questo grande incidente nucleare*
*Fukushima NAIIC, 2012
Qual è dunque l’antidoto a questo tipo di mentalità?
Gli studi di Amy Edmondson dimostrano come creare sicurezza psicologica possa essere l’humus migliore dove coltivare il pensiero onesto e il coraggio di parlare.
Dedichiamo questo mese alla sicurezza psicologica e al mindset che questa richiede prima di tutto da parte dei leader.