Si è responsabili non solo per ciò che si fa, ma anche per ciò che non si fa. (Lato Tzu)
di Irene Morrione
L’azione offre una serie innumerevole di vantaggi. Quando agisco, ad esempio intraprendendo un nuovo progetto o lanciandomi in qualcosa anche se non sono certo del risultato, sicuramente affronterò il rischio di frustrazione legato al fallimento. Tuttavia, è attraverso l’azione che comprendo di cosa ho realmente bisogno, quali sono i passi necessari per raggiungere il mio obiettivo e quali risorse mi servono.
Nel coaching incontro spesso persone bloccate nella fase di pianificazione. Hanno in mente qualcosa che vogliono raggiungere nelle loro vite, ma sono impantanate in una pozza di “e se poi”, “e se ma”, “cosa potrebbe accadere” ecc. Sostanzialmente sono invischiate nelle loro idee di come la realtà sarebbe e di come il mondo reagirebbe se facessero quel determinato passo.
Questa fanghiglia di idee spesso non solo non corrisponde alla realtà non ancora sperimentata, ma porta alla paralisi. I piani perfetti infatti non esistono e alla fine è solo agendo che entriamo in contatto con la realtà delle cose, uscendo così dalle nostre trappole mentali e dalle nostre proiezioni.
Ciò che amo del coaching è che è un processo mirato alla consapevolezza, al riconoscimento dei propri desideri, risorse e convinzioni, sia potenzianti che limitanti, ma è anche fondamentalmente incentrato sulla sperimentazione e sull’azione.
La parte più importante di un processo di coaching non avviene durante la sessione, ma tra le sessioni, in quello spazio dove il coachee si permette di sperimentare e agire in modi inediti e inaspettati grazie alla consapevolezza acquisita durante la sessione.
È in questa azione inedita che si apre uno spazio di cambiamento, indipendentemente dal fatto che l’azione porti al risultato desiderato o si riveli fallimentare. Il fallimento, così osteggiato nella società e nei contesti organizzativi, è una parte fondamentale del processo di trasformazione e ci permette realmente di avvicinarci sempre di più ai nostri obiettivi.
Nel fallimento, inoltre, le persone scoprono di avere i cuscinetti sotto le zampe, proprio come i gatti, che quando cadono si rialzano come se niente fosse.